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Bartolomeo Vanzetti, durante il processo che lo portò insieme a Nicola Sacco sulla sedia elettrica, gridò il nome di un compagno buttato giù dal 14° piano di Park Row, il palazzo sede del Ministero di Giustizia di New York. Era un anarchico, un emigrato, un sognatore torturato e ammazzato in un tempo di intolleranza politica e di xenofobia, così come accadrà settant'anni dopo a Milano con Giuseppe Pinelli. Era un pantesco, si chiamava Andrea Salsedo. La sua strana morte è stata inglobata come semplice appendice nel caso Sacco e Vanzetti, è rimasta sottaciuta, ignorata, dimenticata soprattutto nel nostro Paese, che ha sempre avuto cattiva memoria. Solo qualche pagina di vecchi giornali dell'epoca per un innocente che muore per quello che era, per ciò in cui credeva. Andrea Salsedo non è più tornato alla coscienza del mondo, non è mai diventato un rimorso comune, una causa di fondo, un disagio, un'accusa.